Mario Draghi, da premier a stratega dell’Europa: consulente UE per la competitività e voce critica del nuovo ordine economico mondiale.
Dopo avere guidato la Banca centrale europea nell’epoca dello “whatever it takes”, e aver retto il governo italiano in un momento cruciale, Mario Draghi non è scomparso dal panorama pubblico: ha semplicemente cambiato luogo e modalità della presenza. Non più alla guida visibile dell’esecutivo, ma come consulente strategico, autore, e riferimento per le sfide europee. In questo senso, il suo nuovo ruolo e le sue dichiarazioni recenti dialogano perfettamente con l’idea centrale del libro di Cristina La Bella: “La speranza non è una strategia”.
Nel 2024 Draghi ha ricevuto dalla Commissione europea la missione di redigere un rapporto sulla competitività europea, intitolato The future of European competitiveness.
Il documento – circa 400 pagine, corredato da 170+ raccomandazioni – è divenuto un riferimento per le politiche UE: investimenti da 750-800 miliardi l’anno, richieste di maggiore integrazione industriale e riduzione della dipendenza da altri grandi attori globali.
Parallelamente, lo scorso maggio (maggio 2025 per chi ci leggerà in altre date) al COTEC Summit tenuto a Coimbra in Portogallo, Draghi ha tenuto un discorso netto e senza retorica: ha denunciato «l’erosione dell’ordine economico internazionale» attraverso azioni unilaterali, avvertendo che l’Europa è «esposta» e che il multilateralismo è ormai «minato in modo difficilmente reversibile».
Questa svolta verbale – e strategica – lo colloca oggi non più come “uomo del governo” ma come architetto delle condizioni sotto cui governi, imprese e istituzioni dovranno operare.
Nel libro, La Bella delinea Draghi come un uomo spesso chiamato a “salvare”: la Banca d’Italia, l’euro, l’Italia stessa. Ma non come eroe col mantello (d’altra parte non si confarebbe alle mise con cui siamo soliti immaginarlo): piuttosto come tecnico / uomo di governo consapevole, che sa che “la speranza non è una strategia”.
Il libro presenta quindi un Draghi la cui leadership consiste in rigore, responsabilità e consapevolezza del peso delle scelte. Questa immagine si riflette perfettamente nel suo ruolo attuale: non più al centro della scena politica, ma dietro le quinte della strategia europea.
Cosa fa Draghi oggi? Ha semplicemente cambiato ruolo – da primo attore a sceneggiatore – offrendo alle istituzioni strumenti e scenari più che decisioni immediate. Il suo intervento a Coimbra sottolinea che l’Europa deve imparare a crescere da sé, riducendo la dipendenza dagli Stati Uniti, cosa che appare oggi un tema centrale.
Ma il libro suggerisce anche un monito: se la speranza non basta, all’Europa serve un progetto concreto – e Draghi lo propone, sebbene l’implementazione sia incerta (solo una piccola parte delle sue raccomandazioni è stata ad oggi ascoltata, segno di quanto la distanza tra strategia – non speranza, strategia – e realtà sia ancora ampia).
Anche lontano dai riflettori, Draghi ha credibilità perché incarna quel trait d’union tra finanza, politica e istituzione europea e il volume di La Bella non lo dipinge come leader infallibile, ma come uomo che ha imparato a conoscere il prezzo della scelta. E quel prezzo oggi si traduce in un rapporto tecnico, in un discorso sull’autonomia strategica europea, in un richiamo a ridefinire la dimensione della sovranità economica.
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